Il Museo Laboratorio d’Arte Contemporanea partecipa alla notte dei musei con l’inaugurazione della mostra Paolo Buggiani: oltre la Street art, a cura di Giulia Carfora e Ilaria Schiaffini. Si tratta della prima occasione in cui la poliedrica carriera di Buggiani (Castelfiorentino, Firenze 1933), dalla metà degli anni Cinquanta a oggi, viene ripercorsa nelle sue tappe e nei suoi passaggi cruciali rivelandoci tutta la sua forza e la sua audacia sperimentale. La mostra consente di ricostruire nella sua complessità sessant’anni di attività dell’artista, attualmente riconosciuto come uno dei padri della Street art internazionale, a cui era giunto nella New York degli anni Ottanta trovando come compagni di strada Keith Haring, Ken Hiratzuka, David Fin e Linus Coraggio. Lì cominciarono le performance con il fuoco che lo hanno reso celebre. Buggiani ha sempre saputo interpretare il proprio tempo con acutezza e mordente critico, maturando una polemica nei confronti del mercato e rivendicando con forza la libertà dell’artista di esprimersi senza condizionamenti. Questa attitudine lo ha portato ad aprirsi a una continua ricerca, sperimentando vari linguaggi artistici, materiali e modalità espositive, a partire dalla pittura. Nel corso dell’inaugurazione il 19 maggio alle 20.30 Paolo Buggiani incontrerà il pubblico e saranno proiettati i video di Cinzia Sarto su alcune performance dell’artista.
Buggiani esordisce come pittore sulla scena artistica romana nel 1955, arrivando a condividere occasioni espositive con figure di fondamentale importanza come Corrado Cagli, Giulio Turcato e Alberto Burri, con i quali stringe legami d’amicizia e stima. La prime mostre personali, ospitate dalla galleria Schneider di Roma a partire dal 1956, rivelano una ricerca pittorica astratta, orientata a una raffinata sensibilità materica.
La messa in parentesi del linguaggio pittorico arriva nel 1962, quando Buggiani giunge a New York per esporre presso la galleria di Paul Bianchini, rimasto affascinato dai suoi lavori visti in mostra a Parigi. La città americana lo conquista e qui decide di restare per sei anni entrando in contatto con il Living Theatre, con fotografi e artisti di primo piano. Il confronto con la modernità e la frenesia della città americana lo portano a ripensare il suo modo di fare arte, aprendosi all’inserimento di oggetti della realtà, individuati nei residui di architetture urbane, ricomposti e manipolati con la materia pittorica.
Dopo questa serie detta dei “dipinti assemblagistici”, Buggiani incentra i propri interessi sull’esplorazione del corpo in relazione allo spazio. Ne derivano Captured Space, azioni realizzate all’interno di una esile struttura cubica inserita nel paesaggio, documentate dalla macchina fotografica; e Vacuum forming calchi tradotti in plexiglas attraverso il sottovuoto, anch’essi spesso immortalati e allestiti nel contesto urbano. Le opere newyorkesi esplicitano un tema di centrale interesse per l’artista, quella che lui definisce “l’Intuizione del tempo”: la convivenza di un tempo “soggettivo” (delle persone ritratte) e uno “oggettivo” (dello spazio in cui si trovano). Nel 1974 definirà la sua Ricerca per l’intuizione del tempo: “l’impronta intesa a fissare nello spazio una posizione attimo”. Captured Space e Vacuum forming nella loro trasparenza sia allusa che letterale, offrono difatti una stratificazione visiva di diversi tempi che corrono paralleli, e che ritorneranno di lì a poco nei Dipinti sulla realtà, dove troviamo un originale dialogo tra il medium pittorico e quello fotografico, che suona oggi di rinnovata attualità.
A partire dal suo ritorno in Italia, nel 1968, si intensifica l’attitudine performativa di Buggiani sia come protagonista delle azioni, come nel caso della Escaping sculpture di fronte alla Galleria Nazionale d’Arte Modena di Roma nel 1977, e sia nella realizzazione di rappresentazioni meta-teatrali, come le esperienze di Arte Indossabile a Milano nel 1978.
La mitologia e l’uso controllato della forza primaria del fuoco iniziano a imporsi nell’arte di Buggiani, fino a divenire elemento costante nelle sue opere e suo segno identificativo. Il tempo mitico e la più stretta contemporaneità entrano così in cortocircuito. Al suo ritorno a New York nel 1979, i suoi personaggi mitologici, spesso infuocati, sfrecciano e agiscono nelle strade della metropoli, rompendo l’ordinarietà del quotidiano, scegliendo come referenti privilegiati i comuni passanti, in aperta polemica con il sistema elitario dell’arte. Buggiani, convinto assertore di un nuovo approccio all’arte fatta interagire con la città, partecipa in quegli anni all’esaltante clima dell’East Village, animato da “artisti ribelli”, autori di operazioni dai messaggi socio-politici, spesso condotte in luoghi abbandonati e dall’accesso non consentito. La convinzione di Buggiani che la Street Art abbia una possibilità rivoluzionaria innerva tutta la sua ricerca fino ai giorni più recenti, in un’idea di arte che possa lasciare un messaggio leggibile da tutti.