La mostra, organizzata in collaborazione con la Galleria Frittelli Arte Contemporanea di Firenze, propone una selezione di opere appartenenti alle serie Concrete Island e Rischiano pene molto severe, realizzate da Paola Di Bello tra la seconda metà degli anni Novanta e il 2001. L’artista sceglie un’angolazione inconsueta nel fotografare in un caso oggetti di scarto – sedie, tavoli, divani, lavandini ecc. –, che giacciono abbandonati sull’erba o sul ciglio della strada; e nell’altro persone senza fissa dimora, che dormono nelle stazioni ferroviarie e metropolitane di Milano. Di Bello ruota l’obiettivo di 90 gradi e i soggetti passano dalla posizione orizzontale a quella verticale, generando un cambiamento nella percezione della realtà. Al contempo, questo è un gesto di cura, con il quale la fotografa si fa carico della vulnerabilità di queste persone. In queste opere, Di Bello sembra far sue le riflessioni di Susan Sontag, secondo la quale scattare una fotografia significa partecipare “della mortalità” e “della mutabilità di un’altra persona (o di un’altra cosa)”. Queste foto, tuttavia, più che la nostalgia e il rimpianto, esprimono un desiderio di riscatto: l’urgenza di incidere sulla realtà attraverso un processo di trasformazione dello sguardo.