“Quando tu vedi un opera d’arte si aziona un meccanismo
proiettivo: una parte di te va nell’opera e il rimando è quello
che effettivamente tu sei.”
Marco Angelini
L’arte è espressione, emozione, talvolta turbamento. Plasma i pensieri, le idee e i sentimenti li trasforma e li rende vivi. È un linguaggio che permette di comunicare, ma soprattutto di raccontarsi.
“Lo spazio sacro” di Marco Angelini si costruisce sulle tracce della sua vita. Gli studi in sociologia e psicologia hanno influenzato fortemente la sua ricerca artistica. Dalla città e i processi di trasformazione del fenomeno metropolitano, tema affrontato nelle mostre del 2010 dal titolo “Solchi urbani” tenutosi a Varsavia, Bratislava e Roma, al concetto del doppio approfondito nella mostra “Speculum” presso il Museo Carlo Bilotti di Roma del 2015. Fino ad arrivare al tema del sacro, un progetto iniziato nel 2013 a Varsavia e portato avanti fino giungere a Roma negli spazi del MLAC a cura di Raffaella Salato in collaborazione con la Galleria Emmeotto.
Temi che s’intrecciano e si fondono tra loro. La sacralità viene affrontata dall’artista su una duplice dimensione: quella materiale fatta di oggetti religiosi e quella spirituale plasmata in forma di cuore anatomico. Quando queste due dimensioni s’incontrano l’oggetto perde la sua essenza simbolica, non è più parte di una realtà trascendentale o divina ma semplicemente quotidiana. Così una coppa liturgica diventa un comune bicchiere, la Bibbia un semplice libro, un tappeto per la preghiera solo un tappeto. Dietro la sacralità attribuita alle cose non si cela alcun fondamento emotivo in quanto non è l’oggetto in se a generare un trasporto, ma l’esperienza attorno ad esso che connette profondamente corpo e spirito. Questo legame profondo, viscerale l’artista lo rende visibile attraverso l’uso del cuore anatomico.
Il cuore è il motore della vita, la sede dei sentimenti e della memoria. I ricordi ne rimangono impressi come negativi di una pellicola fotografica. Persino il tempo lascia i suoi segni modificando ogni cosa come accade al bronzo lucente che comincia ad ossidarsi e alla resina, inizialmente trasparente, che va ingiallendosi sempre di più.
L’arte di Marco Angelini non ha pretese ideologiche, ma piuttosto ha come scopo quello di costruire un ponte di comunicazione non solo con se stessi ma con il mondo. Ha saputo creare un’atmosfera in cui le opere dialogano tra loro e con l’osservatore in un gioco fatto di percezioni e sensazioni, e facendolo entrare in contatto con la propria dimensione interiore.